mercoledì 25 febbraio 2015

Giveaway "Barbablù" di Amélie Nothomb #LetteraturaInPalio (CHIUSO)

Sapete che sono una grande fan di Amélie Nothomb, conosciuta personalmente due anni fa al Salone del libro di Torino e, come ogni anno, attendo con ansia l'uscita del suo nuovo romanzo: in Francia arriva a settembre e traina, da oltre vent'anni, la rentrèe letteraria parigina. In Italia arriva tra il finire dell'inverno e il principio della primavera. Una volta la leggevo direttamente in francese, di solito aspettando una delle mie frequenti trasferte parigine, mentre da un po' di tempo ho preso l'abitudine di aspettare la traduzione in italiano.


Quest'anno arriva Pétronille, proprio in questi giorni, come sempre edito da Voland. Ed evidentemente Amélie si sta affezionando all'Italia, perché è passata a Torino qualche giorno fa ed è attualmente impegnata in un breve tour promozionale in giro per il nostro paese. 

Nell'attesa di poter leggere e recensire il nuovo romanzo, per festeggiare la nuova uscita e contribuire a diffondere il verbo nothombiano (sic!) ho deciso di mettere in palio per voi uno dei suoi romanzi più recenti, Barbablù, che avevo letto e recensito a suo tempo. Questo è anche per sfatare il mito del giveaway letterario, che quasi sempre vede protagonisti romanzi di soli esordienti e/o libri di pura evasione (una volta per mia somma sfortuna partecipai per scherzo a un giveaway e vinsi un romance smielatissimo di serie zeta, devo ancora riprendermi dallo shock!). 

Autore: Amélie Nothomb
Titolo: Barbablù
Editore: Einaudi
Traduzione: Monica Capuani
Collana: Amazzoni
Pagine: 102
Prezzo: 14 euro
Anno: 2012
TramaSaturnine, giovane ragazza belga, cerca un alloggio a Parigi. Trova, per una cifra davvero modesta, un suntuoso appartamento da condividere con l'eccentrico proprietario, il Grande di Spagna don Elemirio Nibaly Milcar. Ma l'irriverente Saturnine non sa che otto donne prima di lei hanno abitato quella magnifica casa, che hanno indossato abiti dai colori meravigliosi creati dalle mani di don Elemirio, e che di loro nessuno ha più notizie. Un romanzo che rivendica il diritto ad avere dei segreti e che indaga i meccanismi dell'amore, il cannibalismo sentimentale e la doppiezza della natura umana.

Per cui, al grido di #LetteraturaInPalio, ecco le regole del giveaway (che scadrà martedì prossimo, 3 marzo, e spedirò il libro al vincitore per posta ordinaria):

- lasciare un commento qui sotto con la vostra mail, raccontandomi come avete conosciuto Amélie, se la conoscete, e sennò perché vi incuriosisce. Dai nothombiani da combattimento voglio anche sapere qual è, dei suoi libri, il vostro preferito e quello che invece detestate. E se preferite il filone fantastico o quello autobiografico, naturalmente

- essere iscritti al mio blog (tastino "iscriviti" in alto a destra)

- condividere l'iniziativa su uno o più social a vostra scelta 


Naturalmente, anche se possedete già Barbablù e non vi interessa il giveaway, siete invitati a lasciarmi un commento con le vostre opinioni sulla Nothomb, segnalandomi che avete già il libro, così salterò il vostro commento quando estrarrò con Random.org. 

Per il colleghi blogger: mi farebbe molto piacere se aderiste alla mia iniziativa (condividendo l'hashtag #LetteraturaInPalio) e metteste in palio un libro di uno dei vostri autori preferiti, classici o contemporanei che siano, con l'intento di avvicinare qualche nuovo lettore alla sua opera. 

ESTRAZIONE



Il vincitore di Barbablù è...LuceDiStella! Congratulazioni!

martedì 17 febbraio 2015

Cinquanta sfumature di noia: la recensione del film

Antefatto


Chi mi conosce sa (e non ho vergogna a ribadirlo) che bazzico le sfumature dalla lontana estate del 2012

Sono una curiosona e le tendenze editoriali mi intrigano, poi all’epoca lavoravo (non retribuita) in una casa editrice, per cui il terremoto mediatico che investì in quell'anno il sonnolento panorama letterario estivo me lo ricordo fin troppo bene. 

Per noi addetti ai lavori fu uno tsunami notevole, casi del genere si ricordavano giusto per eventi commerciali della portata di Twilight o Il Codice Da Vinci, long-seller che comunque erano partiti in modalità diesel e avevano poi fatto i milioni con il tempo. 

Ragion per cui, complici le otto ore di lavoro e la stanchezza, il desiderio di mettere i neuroni in naftalina, un pizzico di autolesionismo e l’indubbio coefficiente comico involontario del contenuto e della forma mi spinsero all’insano gesto di sciropparmi tutta la trilogia, integralmente, non astenendomi da recensioni al vetriolo, che potete ancora trovare sul mio profilo Anobii. Tengo a precisare che non ho speso un centesimo per leggere questi libri, né ho occupato un centimetro cubo di spazio in casa mia. 

Naturalmente la  recensione della trilogia (fin bonaria sul primo volume) fu globalmente stroncante: stile assente, lingua repellente, morale reazionaria (perché, SPOILERONE LEGGENDARIO DI QUARTO LIVELLO, i due si amano alla follia e alla fine si sposano e sfornano frugoletti, che manco Albano e Romina, un bicchiere di vino con un frustino la felicità...), un erotismo sbandierato come trasgressivo ma fondamentalmente innocuo, un'apologia dello stalking e soprattutto - anche se qui si tratta di un effetto secondario non voluto dall’autrice - la pioggia di pessimi epigoni che ha generato


Positiva fu, invece, tutta la discussione che ne scaturì, sui ruoli femminili nei libri contemporanei, sulla ricerca del piacere, sugli archetipi maschili da mettere a fuoco, sugli stalker travestiti da principi azzurri, nonché tutta la godibilissima satira di contorno. 

Ed è per lo stesso motivo che mi sono, dunque, accinta all’ardua impresa di vedere il film, per non astenermi dal dibattito, anche questa volta. E anche qui preciso che le mie povere tasche non sono state intaccate da questa visione autolesionistica. 

Naturalmente non mi dilungherò in quelle ovvie considerazioni che già abbiamo tutti esternato riguardo fatti pacifici che, inevitabilmente, dal libro si ribattono sul film (come l'assurdità della ricchezza spropositata di Christian, o l'inspiegabile dabbenaggine di Anastasia). 

Come al solito, anime belle astenersi: l’intensità dell’opera non può essere tradita. Recensisco anche letteratura e film d'autore, credetemi, vi rifarete la bocca presto. 

Titolo: Cinquanta Sfumature di Grigio 
Regia: Sam Taylor-Johnson
Sceneggiatura: Kelly Marcel, Patrick Marber, Mark Bombarck 
Data di uscita: 12 febbraio 2015 
Casa di produzione: Focus Features, Michael De Luca Productions, Trigger Street Productions 
Distribuzione: Universal Pictures 
Genere: Sentimentale, Erotico, Drammatico 
Durata: 125 minuti 
Cast: Jamie Dornan, Dakota Johnson, Eloise Mumford, Luke Grimes, Jennifer Ehle, Victor Rasuk, Marcia Gay Harden, Max Martini, Rachel Skarsten, Dylan Neal, Anthony Konechny, Callum Keith Rennie 



RECENSIONE 


Ho riflettuto parecchio prima di decidermi a dare la mia opinione di questo film e il motivo è che, una volta tanto, una visione che mi prometteva, se non certo qualità e coinvolgimento emotivo, almeno risate, oppure rabbia, oppure sconforto, ha invece fatto dilagare in me un sentimento che non credevo potesse risultare così preponderante su tutti gli altri: la noia

Ma non quella da mezzo sbadiglio e occhiata all’orologio, piuttosto quella da coma irreversibile, che ci porta ad abbassare lo sguardo sull’angolo destro del pc per contare i minuti che mancano alla fine della tortura. 

Tutto sommato l’attacco funziona: montaggio alternato con i due protagonisti che, con Annie Lennox in sottofondo, si preparano per andare al lavoro, che fa glamour e strizza l’occhio al Diavolo veste Prada; poi l'intervista in cui Anastasia e Christian si scambiano le battute, tanto inverosimili e ingenue da essere quasi tenere, che hanno reso famosa la penna della non professionista fanfictioner (ricordiamolo: Cinquanta sfumature è nata come fanfiction di Twilight) E. L. James; e poi…il nulla. 

Lo spaesamento imbarazzato che sfoggiavano nei primi venti minuti si fa gelo apocalittico per la restante ora e mezza: alla faccia del film erotico, Dakota Johnson (figlia di Melanie Griffith, che non ha gradito) e Jamie Dorman manifestano la stessa tensione carnale di due celenterati spersi nell'oceano antartico. 

Certo, l’esigenza di copione (ma bisognava essere per forza così reverenti nei confronti di tanta opera letteraria?!) ha richiesto una protagonista magra ai limiti della denutrizione, il che certo non aiuta a rafforzare il pathos sessuale già agonizzante, se da supina alla Johnson si contano una ad una tutte le costole e di faccia, obiettivamente, è giusto meno legnosa di un comodino. Che le cosce non fossero depilate, come molti recensori hanno impietosamente sottolineato, non ho potuto appurarlo, causa scarsa risoluzione della traccia in mio possesso e chiedo venia ai lettori se non posso essere fonte attendibile su questo particolare (sic!). 

Le cosiddette scene hot, sono, dunque, meri esercizi ginnici neanche troppo plastici, con qualche innocuo cordino e qualche occasionale frustino, ripresi nella penombra e con una colonna sonora sprecata perché montata a casaccio. 

L’estremo attaccamento al libro causa stranezze irritanti, che già su carta stridevano, ma qui raggiungono vette di pura idiozia: i protagonisti discutono animatamente e dopo pochi minuti tutto è perdonato con un volo in aliante; Anastasia sa perfettamente cosa sia il fisting (pratica realmente estrema e difatti mai praticata né in questo né negli altri libri della trilogia) ma chiede al suo principe grigio cosa sia un dilatatore anale (che…voglio dire…non serve una laurea, è un “nome parlante”, giusto cielo, usa la tua immaginazione!) 


Christian stalkereggia come da copione, poco convinto, neanche troppo schermato dalla sua rassicurante flemma da speaker del Tg1, ammonito sempre solo bonariamente dalla sua partner, che, calda di sesso e ancheggiante, gli prepara i pancake come una brava mogliettina in una scena che ha scatenato molte più polemiche delle sequenze di soft bondage. 

Sui comprimari non mi dilungo, sono superflui esattamente come nel libro: la migliore amica è una gnocca senza testa, il fratello di lui si limita a limonare col risucchio e a mostrare la schiena da culturista, solo si patisce un po’ a vedere la brava Marcia Gay Harden, visibilmente imbarazzata, nel ruolo della madre di Christian. 

Per il resto, si sbuffa e si sbadiglia sonoramente fino al finale, tra dialoghi esasperanti e inquadrature inefficaci, il tutto senza neanche ridere, e questa è stata una delusione cocente, perché invece il libro garantiva uno smascellamento continuo. 

Un film utile e coinvolgente quanto un elettroencefalogramma piatto. Peggio del libro: era obiettivamente difficile, ma si sono impegnati e ce l'hanno fatta. 

E voi? Avete visto questo film? Avevate letto il libro? Delusi? Soddisfatti? Desolati? Quale scena vi ha maggiormente infastiditi? 

Vi favorisco anche la godibilissima videorecensione di Cimdrp su Youtube e quella, sempre efficace, del mio amico Mr Ink

Ah, la famosissima battuta che nel libro recitava “Signorina Steel, io non faccio l’amore. Io fotto senza pietà” nel film è diventata “Signorina Steel, io non faccio l’amore, io scopo…forte.”
Traduzione più letterale e dunque più filologicamente corretta dell’inglese “I fuck hard”. 
Sì. Tràgame, tierra.


sabato 14 febbraio 2015

Poligamia, adulterio e dintorni: “La separazione del maschio” di Francesco Piccolo

Quando e dove l’ho comprato?

Ordine natalizio effettuato su Libraccio.it, che mi ha consentito di pagarlo metà prezzo.

Quando e dove l’ho letto?

Nelle gelide notti di gennaio, prima di dormire, nel letto, sotto il piumone, cicatrizialmente incollata alla stufa elettrica per non congelare. E nelle pause studio, nella biblioteca di facoltà, intervallandolo allo studio curricolare. Sempre attaccata al termosifone.


Che libro è?

La separazione del maschio, romanzo di Francesco Piccolo, autore insignito dello Strega nel 2014 con il suo ultimo lavoro Il desiderio di essere come tutti. Ma soprattutto sceneggiatore di film molto interessanti, come Il capitale umano e La prima cosa bella di Paolo Virzì e Il caimano e Habemus Papam di Nanni Moretti.

Perché diamine?

Me l’ha consigliato il mio carissimo amico e collega Silver Reflex, youtuber e video recensore. E perché sono in vena di riflessioni sulla natura e la forma delle relazioni, anche più del solito.

Insieme a che cos'altro?

Inframezzato a diversi tomi di glottodidattica, che leggo per preparare un esame.


Autore: Francesco Piccolo
Titolo: La separazione del maschio
Editore: Einaudi
Collana: Gli struzzi
Pagine: 198
Prezzo: 11 euro
Anno: 2008
TramaIl protagonista di questo libro, il Maschio, è un padre capace di tenerezza e di attenzione, è un marito allegro e appassionato. Ma ha molte altre donne. Relazioni di lunga durata, in cui il sesso è il veicolo primario attraverso il quale passano la comunicazione, l'affetto, la curiosità, la scoperta dell'altro. Il sesso è un pensiero costante, un'ossessione e una consuetudine, un modo per entrare in contatto con il mondo esterno. Più ancora della seduzione e della conquista, più dell'amore che in forme diverse è parte fondamentale di ciascuna di queste relazioni. È questa la separazione del maschio, dunque. Dove per maschio s'intende davvero, genericamente, il maschio di uomo nell'apice dell'età riproduttiva, in un ambiente circostante quanto mai generoso di sollecitazioni e stimoli. E per separazione s'intendono due cose: quella, letterale, dalla moglie, a cui condurrà fatalmente il percorso del libro; e quella, fisica e metaforica, che divide all'interno dello stesso uomo il padre dal marito e dall'amante. Quasi che fosse impossibile conciliare gli impulsi e i sentimenti, quasi che l'unica strada per tenere tutto insieme fosse una rigida compartimentazione, cioè: vivere molte vite.

RECENSIONE

L’innominato protagonista di questo romanzo è una figura controversa: esigente e appassionato montatore cinematografico (il che permette a Piccolo interessanti digressioni, anche tecniche, sul mondo del cinema, che ben conosce da sceneggiatore) è un marito innamorato, ma soprattutto un padre premuroso per la sua piccola e problematica Beatrice.

Dotato di sensi di colpa a due velocità, il protagonista si auto flagella per aver lasciato la figlioletta senza merenda per un pomeriggio, ma nessuno scrupolo morale sembra sfiorarlo per la sua sfacciata, per quanto occulta, poligamia: è amante da nove anni di Valeria, moglie di un suo amico, da tre ha una relazione con la collega Francesca e da un anno e mezzo si vede saltuariamente con una terza donna; il tutto escludendo le relazioni occasionali e senza che tutto questo infici sulla sua viva e sempre complice relazione con l’amatissima moglie Teresa. Anzi. L’essere stato a letto il pomeriggio con una delle sue amanti sembra rendere i rapporti sessuali serali con Teresa fin più appaganti.

Una vita trascorsa tra copule febbrili e in perenne ansia, un’ansia “da pre-esame”, di quelle che danno i crampi allo stomaco e suscitano l’appagante rilascio di noradrenalina ad ogni scampato pericolo; è l’ansia che i suoi tradimenti vengano alla luce e il suo appagante ménage si sgretoli rovinosamente. Ma naturalmente la vita saprà sorprenderlo con rivolgimenti inaspettati.

Tante recensioni si sono espresse con severità sulle tematiche affrontate da questo romanzo e soprattutto sul come vengano trattate: senza peli sulla lingua, con descrizioni particolareggiate e a tratti morbose, con un protagonista fedifrago e recidivo, con atteggiamenti maschilisti esibiti con pericolosa naturalezza.

Niente di tutto ciò ha, invece, personalmente infastidito me; la trama è davvero ben congegnata e con essa anche lo svolgimento e il susseguirsi degli eventi, con una linea del tempo montata a spirale, una spirale che lancia lampi di luce sul passato, che riesce a dare un’idea di insieme profondamente organica nonostante la non consequenzialità.

Lodevole l’ambizione di portare il lettore a riflettere sulla monogamia: quando l’abbiamo scelta? Ce la impone la società? E’ la risposta più soddisfacente alle esigenze umane?

Ho apprezzato la volontà dell’autore di tornare su determinati ricordi in tempi diversi, approfondendoli, il suo indugiare studiatamente perturbante su teneri aneddoti con protagonista la piccola Beatrice (tra le pagine più belle) per poi passare, magari subito dopo, a descrizioni crude di sesso, a volte squallido, consumato ai lati della vita ufficiale.

Affascinante la costante dicotomia tra montaggio cinematografico e esistenza, questo far combaciare ogni scena di un film e ogni momento della vita in un insieme armonico, tagliando e accostando attimi, è più che una missione per il protagonista, se ne percepisce l’autentica vocazione.

Il maschilismo, poi, io davvero non ce l’ho visto, piuttosto l’idea, reazionaria e passatista, secondo la quale l’uomo debba tradire per il suo solo piacere e la donna solo per segnalare una situazione di disagio, di infelicità all’interno della relazione in cui si trova.

Nota dolente, invece, è la forma: riflessioni interessanti, intelligenti, profonde come quelle che trovano spazio in questo romanzo sarebbero state maggiormente apprezzabili in uno stile più ricco, maggiormente studiato, meno vago e colloquiale; e questa potrebbe essere ragionevolmente una delle ragioni per cui in molti non sono riusciti a vedere tutti i chiaroscuri di questo libro. Spero sinceramente che lo stile di Piccolo sia migliorato negli anni (dai, se ha vinto lo Strega...eh, ma anche Giordano ha vinto lo Strega...ops!) 

Pollice verso anche per certe cadute di stile che rasentano il trash: la hit parade dei lati B delle sue conquiste sessuali è tra le trovate letterarie più desolanti che mi sia capitato di leggere ultimamente. Per quanto, tutto sommato, mi abbia strappato un sorrisetto.

In definitiva un buon romanzo, non privo di pecche, con un contenuto incalzante, condito da considerazioni coinvolgenti, e una forma da intrattenimento. Non ho ancora deciso se leggere o meno altro di Piccolo. E voi? Avete letto niente di suo? Avete qualcosa da consigliarmi? Vi piace l'idea del backstage? Avete altre curiosità da consigliarmi per il cappello introduttivo? Aspetto vostre considerazioni nei commenti e vi lascio il link con la video recensione di Silver Reflex (minuto 3.24). 



L’AUTORE
Francesco Piccolo (1964) è scrittore e sceneggiatore. Per Einaudi ha pubblicato: La separazione del maschio (2008), Momenti di trascurabile felicità (2010) e Il desiderio di essere come tutti (2013), vincitore del Premio Strega 2014. Negli Einaudi Tascabili: Storie di primogeniti e figli unici (2012), Allegro occidentale (2013) e L'Italia spensierata (2014). È fra gli autori di Figuracce (Einaudi Stile Libero 2014).


giovedì 12 febbraio 2015

Nuovo blog di recensioni, niente di originale (forse!)

Cari lettori, alla venerandissima età di 27 anni, dopo una vita (se 10 anni sono una vita) passata a collaborare con riviste e blog culturali all’interno di grandi redazioni, ho finalmente deciso di aprirmi una stanza tutta per me. Era tempo, era ora, ed eccomi qui. 

Su questo piccolo angolo di web recensirò libri e film, farò reportage di manifestazioni letterarie e cinematografiche

Il tutto senza badare troppo all’attualità, ma lasciandomi trascinare dal libero gioco dei miei desideri. 

Il tutto senza fronzoli e accademismi, ma con la chiarezza un po’ anglosassone e asseverativa che da sempre mi contraddistingue, senza tralasciare i chiaroscuri. 

Il tutto senza snobismi, spaziando dall’intrattenimento più svaccato (che solitamente stronco senza pietà) alle più sublimi ed elitarie finezze (di solito stronco anche queste); non sono del partito classicisti “se l'autore non è morto da almeno 100 anni non se ne fa niente” e neanche del partito recentisti “se non è uscito meno di un mese fa non se ne fa niente”

Il tutto senza astenermi dalla chiacchiera, cioè distaccandomi da tutto ciò che un critico dovrebbe essere e raccontandovi ciò che solitamente nelle recensioni si omette, perché “mica vorrai fare il backstage della recensione?!”; ecco, le mie recensioni avranno il dietro le quinte, vi narrerò come mai ho deciso di vedere quel film, in quel momento e dove, quando e perché ho letto quel libro. Un disclaimer. Una confessione. Una mise en abyme. Una recensione della recensione. Fate vobis. 


Il tutto senza domandarmi quanto durerà questo blog: forse ci rivedremo qui tra dieci anni, forse non uscirà neanche l’articolo uno. Se sarò sempre sola nella mia stanzetta o se ospiterò amici all’evenienza. Staremo a vedere. 

Buona permanenza, se deciderete di restare, e buon viaggio se salperete verso altri lidi. Tanto siamo tutti sulla rotta per Nowhere, che credete?




(il fatto che alla mia tastiera manchi il tasto di cancellazione, morto per usura, dà un'idea esaustiva di che uso smodato ne faccia)